Lontano dall’essere una semplice relazione alpinistica, Il sogno del grande scozzese è un viaggio nel cuore della natura, il resoconto del profondo senso di amicizia che lega persone con la medesima sensibilità, sperdute nella selvaggia bellezza delle montagne invernali. Il racconto rivela questa continua ricerca e sottolinea quel bisogno disperato di verità che ci è spesso negato. L’esperienza, in questo caso, è soggetta all’alchimia del sogno e alla dimensione esoterica che spesso traspare nella narrazione. I protagonisti si affacciano a reami misteriosi legati dalle stesse necessità d’avventura, più che dalle corde di scalata. Divengono così argonauti negli oceani della bellezza, naufraghi verso sconfinati territori dove il limite intuibile è solo quello della nostra precarietà.
Nel testo i due amici sono figure antiretoriche e men che meno eroi.
Inseguono l’emozione della vita lontani dai piedistalli sociali. Invocano la consolazione della natura come luogo della scoperta e della fraternità. Gli avvenimenti avvengono nella valle di Daone, luogo elettivo della storia della scalata su cascate di ghiaccio. Contesti ancora selvaggi e dimenticati e per questo caratterizzati da una strana attrazione magnetica, un richiamo misterioso verso l’ignoto. Sull’avventura stessa prevale il senso del tempo, inteso nel suo incomprensibile dilatarsi mentre su ogni cosa si posa, come polvere, il velo immenso dell’eternità.