Una trama incalzante che ti impedisce ogni distrazione, che ti inchioda sul posto (divano, ombrellone, letto, treno…) dove hai iniziato la lettura, che ti obbliga a riflettere sull’ipocrisia di una società in cui lo scarto tra realtà e finzione ha assunto le dimensioni di una voragine lungo le cui pareti è quasi impossibile non scivolare. La biondina (1893) è uno di quei romanzi nel cui titolo è racchiuso in modo beffardo lo snodo principale del plot: una storia di sesso, di tradimenti, di disperazione e di vendetta, collocata, ancora una volta, nelle vie di una sordida Milano di fine Ottocento, immensa bisca clandestina in cui ogni giocatore fa la sua mossa con oculata disonestà e cade vittima dei propri bluff. L’esistenza si riduce così a un perpetuo imbroglio perché a nessuno è accordata la licenza di comportarsi bene.