La povera Zigsa è costretta a attraversare l’implacabile deserto del Taklamakan, dopo essere fortunosamente scampata alla città degli hanyo. Zigsa è accompagnata dall’eterea presenza di cinque “madri tribali” che la aiutano, la consigliano e la incitano a raggiungere Arfabad, la città interamente abitata da cani: alcuni di questi erano cani nel mondo materiale, altri sono persone oppure altre creature che hanno scelto le forme dei cani. Arfabad è l’antitesi della città hanyo, che è stata invece costruita dai discendenti di chi è riuscito a scampare alla Sindrome di Ipertossicità Maschile: sfuggito da un laboratorio indiano, il virus artificiale ha sterminato quasi tutti gli umani maschi. Solo i privilegiati, in grado di pagarsi cure costosissime, sono riusciti a salvare i propri figli, i quali hanno costruito la città che si regge sulla schiavitù, la tortura e il dolore di chiunque sia considerato inferiore. Malgrado sia sola, sfinita e impotente, Zigsa deve arrivare ad Arfabad, perché è scritto che dovrà fondarvi un Survivarium per salvare le creature seviziate da esseri che si dimostrano disumani, piuttosto che umani.
Democrazia, diritti animali, antispecismo in un racconto della scrittrice indiana Rimi B. Chatterjee.