“Un cielo nel quale la gente voglia volare”. È, questa, una delle intenzioni di Hayao Miyazaki all’atto della creazione del film Porco Rosso, che vede la luce nel 1992: ed è un’intenzione che apre al sogno (e, perché no, alla fantascienza). Al di là di ogni altra interpretazione, il messaggio del grande maestro è esplicito: la guerra è un orrore, e il fascismo è un abominio. Alla richiesta del collega pilota Ferrarin di rientrare in Italia e aderire al regime, Porco Rosso replica con una battuta ormai iconica: “Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale!”
La proposta del premio Porco Rosso per il miglior racconto di fantascienza comunist(ic)a è stata accolta da molte e molti con entusiasmo. Ed eccoli, allora, gli otto racconti finalisti, quattro scritti da donne e quattro da uomini (ma non lo si è fatto apposta), in ordine alfabetico perché non è stata stilata una graduatoria di merito, è stato scelto il vincitore, scaturito dalla penna delle meraviglie di Daniela Piegai. Otto racconti che – leggere per credere – accolgono la suggestione implicita al Premio Porco Rosso: scegliere come protagonisti della propria narrazione diritti fondamentali e utopie possibili, individuare le smagliature del nostro tempo per pensare (e legittimare) un futuro alternativo a quello che già incombe, riparare alle ingiustizie del tempo presente assumendo il punto di vista degli ultimi, dei deboli, dei diversi.