Nessuna volgarità ha diritto di entrare in un’opera di denuncia, in cui non c’è spazio per descrizioni piccanti e allusioni voluttuose, ma solo per la rappresentazione dei pidocchi brulicanti nelle pestilenziali cancrene nascoste sotto le parrucche imbellettate. Il contrasto tra il candore della protagonista e il putridume che la circonda e cerca, nonostante tutto, di contaminarla, è la cifra narrativa di un romanzo ottocentesco (fu pubblicato nel 1878) che si proietta già nel panorama primonovecentesco. Teatro della vicenda Lei, la Milano postunitaria tra luci e ombre, indiscussa catalizzatrice di affari, puliti e sporchi. Un testo che provoca indignazione anche nei lettori di oggi, perché le tematiche affrontate – l’ingiustizia sociale, l’ipocrisia, l’indifferenza, l’egoismo dilagante – sono più che mai attuali. E si ha come la sensazione che sotto gli imperiosi grattacieli di CityLife o Piazza Gae Aulenti pulsino ancora le ossa inquiete delle vittime del trionfo borghese.