Si presenta una selezione di sei racconti tratti dalla raccolta in più volumi Le novelle della Pescara (1902) in cui emergono le diverse nature di un’opera capace di stupire il lettore moderno per l’intensità delle vicende narrate e, soprattutto, per lo straordinario stile, così distante dallo stereotipo attribuito all’autore. Nessuno si aspetti l’elocuzione altisonante del d’Annunzio arringatore di folle né la prosa decadente dei romanzi e nemmeno le dotte raffinatezze di certi componimenti poetici e opere teatrali. È un Gabriele per sottrazione, quello che incontriamo in queste pagine dense di echi ancestrali e di richiami mistici, uno scrittore lontanissimo dalle stanze del conturbante Vittoriale affollato di oggetti preziosi quanto stucchevolmente superflui. È un Gabriele sulle cui scarpe aleggia ancora una vaga traccia delle camminate per le vie del suo Abruzzo, fotografato magnificamente senza alcuna affettazione o ruzzolone bozzettistico di sorta. Da quelle terre d’Annunzio si era allontanato ormai fisicamente e psicologicamente, ma i racconti trasudano l’inconfondibile autenticità che solo le rappresentazioni “di casa” sanno sprigionare.