Nei tre lunghi racconti di questa raccolta, La fiera di Sorocinzi, Una notte di maggio, La carrozza, si ritrova tutto l’amore del girovago Gogol’ per la sua terra, abbandonata prematuramente per conoscere il resto del mondo. Narrazioni divertenti (a tratti è impossibile trattenere le risate), in cui il folklore ucraino si mescola con la letteratura più alta in un caleidoscopio di culture e colori. Leggendoli, vien voglia di entrare nel libro per ballare, bere, amare e, perché no, scappare dai grugniti assordanti del diavolo-porco insieme a protagonisti e gregari surreali, imperfetti, grotteschi. Gogol’ si conferma straordinario fotografo dei vizi umani, che rappresenta con divertita ironia, senza alcun rigurgito moraleggiante. Lo stile è magistrale. La riproduzione del parlato da capogiro. Ancora una volta, come nei Racconti di Pietroburgo e nel suo assoluto capolavoro Le anime morte, sulla pagina non si aggira nessun personaggio immacolato, ma solo un guazzabuglio di antieroi che si dimenano sotto la penna nevrotica e geniale di uno tra i più grandi autori di tutti i tempi.