Immortali | 23

La freccia nel fianco

di Luciano Zuccoli

Un amore abnorme, sbagliato, innaturale, eppure al contempo spontaneo e autentico, pervade ogni fibra del romanzo. Avvertenza: si consiglia di indossare la protezione 50+ prima di iniziare la lettura, perché questo libro scotta davvero!

Romanzo | pagg. 204 | 23/05/2023 | Letteratura

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La freccia nel fianco (copertina)

Il libro

Lungi dal rappresentare in modo scontato il solito triangolo amoroso moglie piacente, giovane artista fascinoso e marito ordinario inevitabilmente cornuto, Zuccoli ne La freccia nel fianco (1913) imposta una storia tanto originale da apparire quasi inverosimile sulla carta. Invece, addentrandosi nelle pagine, si resta stupefatti assistendo al dipanarsi di una passione genuina e pura capace di originare conseguenze nefaste. La degenerazione delle normali pulsioni sessuali infantili innesca reazioni a catena incontrollate che, sulla lunga distanza, devastano intere esistenze. Nessuno ha colpa, anzi tutti possono sventolare la propria patente di vittima, ma il destino se ne frega e fa il suo corso inesorabilmente. Così ai protagonisti, inseriti nell’asfittica società alto borghese della Milano di inizio Novecento, non resta nemmeno la pagana consolazione di accusare gli dei capricciosi dei loro impulsi aberranti, perché Cupido e Venere questa volta non c’entrano niente (e nemmeno Dio).

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L’autore

Luciano Zuccoli (Calprino, Canton Ticino, 1868 – Parigi, 1929), all’anagrafe svizzera Luciano von Ingenheim, fu brillante giornalista, direttore di riviste e quotidiani, sceneggiatore per il cinema nonché romanziere di successo. Di nobili lombi (il padre era un conte di origini tedesche), condusse un’esistenza gaudente e ricca di avventure. “Riottoso e prepotente, bevitore e libertino, beffardo e cinico”, così si autoimmortalò in Luciano Zuccoli raccontato da Luciano Zuccoli (1924), nel quale rimarcò compiaciuto le proprie peripezie lubriche oltre alla proprie dipendenze (in aggiunta ai ‘semplici’ alcolici, pare fosse dedito anche ad assenzio e morfina). Tra i suoi volumi più popolari (Zuccoli fu un autentico bestseller) possiamo ricordare I lussuriosi (1893); La morte d’Orfeo (1896); Per la sua bocca (1918); Le cose più grandi di lui (1922); Il peccato e le tentazioni (1926). Collaborò anche al romanzo collettivo ucronico, del cosiddetto Gruppo dei Dieci, Lo zar non è morto (1929). Scomparve nella capitale francese, dove stava curando la traduzione delle proprie opere, per una forma severa di polmonite. Precipitato nel dimenticatoio poco dopo la fine del secondo conflitto mondiale, fu ‘riscoperto’ a partire dagli anni Settanta.

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