Alla sua uscita (e negli anni seguenti) Colei che non si deve amare (1911) riuscii a riscuotere uno straordinario successo di vendite: l’amore, la sensualità, il lusso, la vita goduta in tutte le declinazioni della parola eccesso non bastano allo spregiudicato Guido da Verona che in questo romanzo sfonda gli argini del pudore, buttando in faccia ai lettori una vivisezione al contempo lubrica e angosciosa dell’incesto. Lo stile paralizza gli occhi sulla pagina: è prezioso? è dannunziano? Sì, indubbiamente, ma è soprattutto avvolgente (oserei dire subdolamente avvolgente) e capace di immergere il pubblico in atmosfere velenosamente conturbanti, tanto che dopo aver chiuso il libro resta il dubbio di essere stati quasi complici delle morbose avventure del protagonista, soprattutto di quelle da lui immaginate… concepì la gioia selvaggia di poterla tramortire, le intese nella gola il rantolo della verginità fuggente, la udì piangere nell'ebbrezza, ridere nel dolore… poi la vide com'era, snella, arcata, forte nella sua tenuità. Fu un bestseller, dicevamo: non poteva essere altrimenti.