Un classico molto citato e poco letto che, invece, merita ancora tutta l’attenzione di chi ha il difetto di alzare il tappeto per osservare lo sporco celato sotto senza gli occhiali protettivi. I vizi vengono al pettine con una semplicità sconcertante. Anderson sembra non cercare mai l’applauso o il cosiddetto effetto wow, ma sa regalare attimi di potente riflessione mai velata di filosofismo. La traduzione italiana degli anni Trenta di Cesare Pavese, un altro al quale la vita non veniva facile, dona un sapore tragicamente quotidiano a questo romanzo uscito nel 1925, come a voler tratteggiare un bilancio emotivo del primo quarto di un secolo terribile, oltre che breve. Il significato del titolo (Dark Laughter nell’originale) si trova tutto nell’ultimo apparentemente (solo apparentemente!) insignificante paragrafo.