Diciannove prose, brillantissime e frizzanti, nelle quali si affrontano, senza pesantezza cattedratica, gli argomenti più diversi con disinvoltura giornalistica mescolata a sperimentalismo artistico. Un po’ manzoniano, un po’ scapigliato e (anche) un po’ anglosassone d’adozione, Linati mette a frutto lunghi anni di peregrinazioni letterarie e geografiche per dire la sua con particolare sagacia espositiva. Passa da notazioni erudite (sempre narrate col giusto brio) a riflessioni filosofiche, per poi approdare a spassosi aneddoti autobiografici, attraverso virtuosismi funambolici degni di un intellettuale a tutto tondo, capace di declinare i contenuti alla forma (e viceversa). Un fuoriclasse del pindarismo moderno, insomma. Il tutto facendo sua una celebre frase di Vittorio Alfieri, spirito inquieto e irrimediabilmente smarrito: “Per me l’andare era sempre il massimo dei piaceri e lo stare il massimo degli sforzi”.