Maksim Gor'kij
Aleksej Maksimovič Peškov (Nižnij Novgorod, 28 marzo 1868 – Mosca, 18 giugno 1936), noto con lo pseudonimo Maksim Gor’kij (ovvero “l’amaro”), fece talmente tanti lavori diversi nella propria vita che elencarli tutti esaurirebbe questo spazio biografico. Dopo anni di peregrinazioni attraverso la propria nazione e impieghi saltuari, si affermò come giornalista e scrittore, entrando nel 1902 nella prestigiosa Accademia russa delle scienze, dalla quale fu però presto espulso a causa delle sue idee rivoluzionarie. Tentò il suicidio, conobbe il carcere, il confino, l’esilio, la malattia (per guarire da una forma severa di tubercolosi risiedette a Capri e poi a Sorrento) e morì in circostanze non chiare: in molti non credettero alla versione ufficiale (polmonite) e ipotizzarono un assassinio voluto da Stalin. Tra le sue numerose opere, possiamo citare i racconti lunghi Konovalov (1897) e Varen’ka Olesova (1898), il dramma Bassifondi (1902), il romanzo La madre (1906) e il ‘trittico autobiografico’ Infanzia (1913), Tra gente estranea (1915) e Le mie università (1922).
Generi: Letteratura
1 titoli