L’idea che l’opinione possa essere comune a molti, di per sé un controsenso, è sorta con il diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa, la stampa in primis; dal Settecento, ha preso così forma uno spazio ideale nel quale agisce chi intende partecipare alla “cosa pubblica”, anche solo per essere informato. È in questo spazio che per due secoli hanno agito i diversi canali d’informazione che la tecnica ha realizzato, fino alla creazione del WEB. Ma la digitalizzazione dell’informazione ha trasformato “il mondo”, inteso naturalmente in senso umano: le ragioni per cui oggi “si scrive” o “si comunica” sono speculari alla trasformazione stessa dei concetti di spazio e di tempo, e i social networks ne rappresentano l’aspetto più eclatante.
Qui non si vuole descrivere il fenomeno o criticarlo, ma riflettere sul suo senso profondo, sulle implicazioni esistenziali che esso comporta. Il tema è gigantesco e non può essere racchiuso in uno spazio tanto piccolo; questo “saggio che non è un saggio” non intende dare delle risposte ma, come dovrebbe fare una buona filosofia, pone delle domande. Ciascuna di esse apre a una nuova riflessione, a un mondo di significati che va esplorato, perché ci sta succedendo qualcosa che nessuno, da solo, può ancora davvero comprendere.