Storie di superstizione, di magia, di luoghi segreti e primitivi, percorsi da personaggi ruvidi, talvolta surreali e mai scontati, si rincorrono in una raccolta capace di rapire la fantasia del pubblico contemporaneo portandolo in un’altra dimensione, quella in cui la natura non si riduce a mera scenografia di sottofondo ma, vera e propria protagonista, diventa il varco per immergersi nel mistero. La Deledda pubblica questa raccolta nel 1894, quando non è ancora una scrittrice celebre, osannata e invidiata in patria e all’estero, ma è solo una caparbia e sconosciuta ragazza sarda desiderosa di affermare non solo se stessa, ma anche, anzi soprattutto, la propria terra. Nello stile dei Racconti sardi si percepisce, infatti, il viscerale attaccamento della Deledda alla Sardegna, tanto tenace e potente da instillare anche nelle vene dei lettori non barbaricini qualche goccia di sangue nuorese. Mutazioni ematiche sempre benvenute per chi legge per arricchire e in un certo modo trasfigurare il proprio DNA intellettuale. Esiste qualcosa di più noioso che restare sempre identici?