Nel romanzo viene trasfigurata in chiave eroica la partecipazione bellica di Marinetti durante le ultime battute della grande guerra. L’esperienza della trincea, della malattia, delle ferite, delle mutilazioni e della quotidianità della morte è inquietantemente ribaltata in senso vitalistico ed entusiastico. La guerra diventa quindi una festa macabra dove vita e morte si intrecciano in un vortice di dolore e piacere. Una libido amplificata pervade ogni dettaglio della narrazione: così Marinetti, ricoverato all’ospedale prima per una polmonite e poi per una seria ferita all’inguine, non si lamenta per la sofferenza, ma si dispera per la mancanza di donne da possedere lì, sulla sua brandina di corsia. È un libro importante da leggere per comprendere quel clima psicologico postbellico (il romanzo fu scritto tra 1919 e il 1920 e pubblicato nel 1921), in cui l’incapacità di riadattarsi a un’ordinaria esistenza borghese dopo la prova adrenalinica della guerra determinò per molti la ricerca di nuovi universi di violenza e contribuì, a poco a poco, a far dilagare il fascismo.