Emerge un’esigenza sempre più inattuale, quasi un arcaismo: sentirsi a casa in questo mondo, ritrovare una consonanza con l’esistente, tornare a respirare a pieni polmoni creando un’aria di festa accanto all’Altro, insieme all’Altro.
Non si tratta però di reinventare l’amore o di rivendicare un qualche diritto soggettivo al godimento. Rimbaud e i surrealisti, ormai, risultano anch’essi fastidiosamente romantici. Su un altro versante, la pornografia di massa (la pornografia della merce onnipervasiva) ci appare per quella che è: una spettacolare e angosciante faciloneria emozionale, una miseria fastosamente arricchita, una democratica proliferazione del mediocre.
Occorre ripartire da più lontano. Reperire una nuova scaturigine. Ritrovare una semplicità che sappia essere disarmante, critica. Amare anche la morte, certo, ma intanto: uccidere Sade, riprendere a molare le lenti di Spinoza, non sottovalutare alcun dolore e regalarsi, giorno dopo giorno, l’improntitudine di lasciar socchiusa la porta di casa per solleticare l’ignoto, l’impossibile, l’ulteriore.
In tutto questo, a noi tocca il compito e il godimento di costruire una nuova sapienza: una σοφία gorgogliante, indisponente, infantile, arcaica, che sappia essere abilità e leggerezza, origine ninfale e foce, corrente impetuosa e intervallo ristoratore.