Dopo il disastro del Vajont, e dopo la morte degli anziani che l’hanno allevata, Leona è sola: ha trovato un surrogato di famiglia solo facendo volontariato con don Gallo, a Genova, nella sua Comunità di San Benedetto al Porto, per il recupero delle dipendenze. Qui, ritrova casualmente il capellone che, come tanti giovani da tutta Italia, era andato per aiutare dopo il disastro, e l’aveva salvata dal fango. Lei aveva quattro anni. Con lui, parte verso le Alpi di Belluno. Leona ha bisogno di conoscere il proprio passato: anche il suo nome è un regalo dei nonni. Nella Longarone rinata dal fango del Monte Toc, subisce un attentato. Con l’aiuto della polizia, si scopre che lei appartiene a una famiglia di industriali, e i ricordi di quella che è stata la sua balia aiutano a stabilire che è lei a esserne l’erede: negli ultimi vent’anni è stato un cugino a portare avanti l’attività, e lei dovrebbe sposarne il figlio, per non privarlo di quella che doveva essere la sua eredità. Però, fra Leona e il suo capellone, che oggi insegna all’UniBO, è scoppiato l’amore, e Leona non vuole sposare il cugino. Qualcuno fa di nuovo di lei un bersaglio e cerca di ucciderla. Chi ce l’ha con lei?