A Genova, nel 1893, a trent’anni dall’Unità d’Italia, è ancora vivo il ricordo della passata indipendenza della città. Dopo aver perso il bambino di cui era rimasta incinta a 13 anni per uno stupro, Milla si occupa ancora della bambina che aveva allattato sei anni prima. Insieme al fratello della piccola, un adolescente ribelle, e alla bimba, Milla si trova a studiare col nipote dell’On. Barca, che è il suo padrone (o così crede lui): Manlio è un educatore nato, come suo padre. Milla è affascinata dalle sue lezioni e Manlio l’aiuta: il quaderno, la penna, i pennini (due tipi diversi, per la calligrafia). La tenerezza per la ragazzina che Manlio ha visto per la prima volta mentre allattava la bambina, quando era una balietta di quattordici anni, si trasforma in amore, anche se lei non è il tipo di ragazza che (come dice il vecchio zio Edo) qualcuno vorrebbe vedere vicino a una figlia che non sia più una neonata. Milla, con Manlio, intraprende una ricerca che porterà la ragazza a scoprire cosa c’era, per lei, prima della Ruota dell’antico ospedale di Pammatone. L’amore si sviluppa nei due ragazzi come una pianta rigogliosa, finché l’On. Barca, lo zio di Manlio, non decide che Milla sarebbe stata bene con lui, in una casetta tutta sua. E sarebbe stata riconoscente, anche.