Nell’ultimo quarto dell’800, prima di sposarsi, Irene lavora alla Rocca Sanvitale, di Fontanellato (Parma). Si appassiona alla storia per immagini che il Parmigianino ha affrescato in un ambiente dall’uso misterioso, e misterico. Poi la scena si sposta nei campi in cui la ragazza lavora con la famiglia, e dove il sarto del paese va a prenderle le misure per l’abito di nozze: con gli occhi, e da lontano.
Quando Irene scopre che il marito Eligio non può avere figli, è sollevata: nella sua famiglia, formata anche dai fratelli e dalle loro mogli, sono già morte tre ragazze, di parto. Quando muore allo stesso modo anche la sorella di Eligio, moglie di un fratello di Irene, in casa loro arriva la neonata Dirce. E poi, piano piano, arrivano anche tutti i nipotini, che sfuggono a una matrigna incapace, molto più che malvagia. Fra le tre nipotine di Irene ci sono la bellissima Erminia, la cui bellezza la porta anche a esperienze e a modi di vivere non proprio ortodossi; la dolcissima Zoella, travolta ma non distrutta dall’orrore della I Guerra Mondiale; la Dirce, con un figlio partigiano e uno prigioniero degli Inglesi.
Il mal sottile, la febbre puerperale, il cibo scarso e la fatica continua, non riescono a piegare queste donne. Zia Irene è offesa che non la lascino votare, ma porterà non solo le nipoti, ma anche i loro mariti, a condividere il suo modo di vedere il futuro del mondo.