Le mura della città di Desperata sono imponenti, ma in quanto a solidità lasciano parecchio a desiderare, se non altro all’apparenza. Profonde smagliature di ruggine ne percorrono la superficie opaca simili a strade e sentieri tracciati su una mappa. Un tempo l’acciaio deve aver brillato per chilometri e chilometri di distanza, ma ormai ha perduto ogni residuo di lucentezza. Più che di trascuratezza, comunicano un senso di dimenticanza.
Dall’interno della cinta muraria si riversano in cielo immense volute di fumo bruno e grida di disperazione così intense da far accapponare la pelle. Avvicinandosi Fenrir si sente come in procinto di commettere un errore, ma è consapevole di non avere scelta: la tempesta incalza con i suoi lampi e le sue urla feroci, e se non entra in città al più presto se la dovrà vedere da solo contro un’intera banda di predoni famelici.
Ricomincia a prudergli nella nuca la solita sensazione invadente: quella di essere osservato. Resiste alla tentazione di girarsi un’altra volta a controllare che nessuno lo stia spiando. Si dice che entrando in città se la lascerà definitivamente alle spalle. Ma non si tratta di una semplice sensazione, e la verità è che tra le mura arrugginite di Desperata non si libererà affatto dei suoi inseguitori. Anzi. Solo che ancora non può saperlo…