Dalla modesta altura su cui si trovano, Lamia riesce a scorgere le sagome dei mastodontici palazzi di metallo scintillare nell’orbita delle mura. La luce del sole si riflette su ogni superficie libera, generando riverberi di un’infinità di colori capaci di catturare gli occhi e stregare la mente. L’effetto è paragonabile a quello di un tramonto specchiato su un lago, ma con tonalità più nette, a tratti persino aggressive.
Somnica è a portata di mano: basta allungare le dita per afferrarla. Restano in silenzio per un po’ a guardarla vivere e respirare sotto di sé, come una creatura senziente racchiusa in una gabbia dorata, intanto che gli ultimi raggi di sole della sera vi depositano sopra un velo impalpabile di luce.
Il sorriso sulle labbra del comandante non scompare, ma si attenua, allo stesso modo in cui la bellezza di una rosa non si dissolve mai del tutto quando i petali appassiscono. Assume un’espressione seria, quasi solenne, che Lamia non ricorda di avergli mai visto addosso. Qualcosa dentro di lei trema, come se un vento gelido fosse improvvisamente sceso a infilarle le dita nelle articolazioni in tutto il corpo. In quel momento realizza che Barghest, il ragazzo che le ha cambiato la vita e che crede di conoscere meglio di chiunque altro, cela in realtà molti più segreti di quanti avrebbe mai potuto sospettare dietro quel suo sorriso spensierato…