Il 14 aprile 1930, a Mosca, Vladimir Vladimirovich Majakovskij si uccide con un colpo di pistola al cuore nel suo studio al passaggio Lubjanskij.
“Suicidio per motivi privati”, concludono presto le indagini ufficiali.
Ma Majakovskij non è un uomo qualunque. È un protagonista della scena culturale sovietica, un gigante e un guascone che anima teatri e circoli letterari, poeta appassionato, drammaturgo, attore, la voce più forte delle Rivoluzione d’Ottobre.
Un personaggio che, parafrasando il poeta Demian Bednij, “non poteva nemmeno morire senza fare casino”.
Perché fra le chiacchiere e i pettegolezzi dell’ambiente letterario circola, fra le tante, anche l’idea che non si sia trattato di un suicidio.
In una Mosca in cui Josif Stalin sta ancora scaldando i muscoli, Boris Pasternak e il regista Sergej Ejzenshtein, cercheranno le risposte, in un’indagine che si rivelerà più spinosa del previsto.
Riusciranno solo ad aggiungere ombre alle ombre, e a comprendere che chi costruisce la Storia ha voce più forte della verità.