Anno Domini 1504. Leonardo da Vinci sta dipingendo un colossale affresco sull’intera parete sud del salone dei Cinquecento, nel palazzo della Signoria a Firenze: la rievocazione della battaglia d’Anghiari, in cui oltre sessanta anni fa la coalizione guidata dalla Repubblica ha duramente sconfitto l’esercito milanese dei Visconti. Per la prima volta nella sua vita, l’artista decide di utilizzare l’antica tecnica dell’encausto, desunta da testi di Plinio il Vecchio. Ma il rinvenimento del cadavere di un giovane patrizio, nel laboratorio dove Leonardo disegna i cartoni preparatori del dipinto, funesta la tranquillità del suo lavoro. La vittima è stata atrocemente torturata fino alla mutilazione, e il movente risale forse a un evento accaduto proprio sul campo di battaglia di Anghiari. Perciò Leonardo si vedrà suo malgrado coinvolto in prima persona nella ricerca dell’assassino, dalla quale dipende forse il destino dell’affresco. Un’inchiesta poliziesca ante litteram nella quale il grande artista mette a frutto la propria curiosità e la capacità di risalire dagli effetti alle cause che li hanno prodotti, in un secolo in cui la giustizia preferisce arrestare i sospetti noti, piuttosto che indagare a partire dagli indizi.